
Dicembre 2023 – Editoriale
L’editoriale
Il Ticino dei cento
Le istituzioni cantonali stanno raccogliendo successi sul terreno, insidioso, delle aggregazioni comunali, facendo da apripista per altri Cantoni. Un cantiere che ha conosciuto non poche difficoltà iniziali, ma che da qualche anno avanza spedito, cogliendo risultati significativi. Con l’avallo popolare dei tre progetti messi in consultazione popolare nelle scorse settimane (Lema, Quinto e Giornico), il Ticino si appresta a raggiungere un traguardo storico. Il Cantone conterà presto 100 Comuni, quando una ventina d’anni fa erano ancora 245.
Alex Pedrazzini, a cui va il merito di aver dato il “la” alla riforma, quando era alla testa del Dipartimento delle istituzioni si era impegnato affinché si rivedesse la struttura degli enti locali, ritenuta eccessivamente frammentata, dispersiva e pesante. Un ambizioso programma di fusioni avrebbe cambiato l’assetto istituzionale del territorio. L’attenzione era rivolta soprattutto alle valli e alle regioni montane e periferiche, dove la presenza di entità deboli e spesso con margini di progettualità limitati era oggettivamente incompatibile con le aspettative di un Comune moderno e dinamico. Con, naturalmente, non poche eccezioni di amministrazioni ben governate e condotte da politici capaci e lungimiranti.
Le cose sono andate un po’ diversamente, ed è stata la ricca Lugano – capitale economica del Ticino – tra le prime a lanciarsi sulla via delle fusioni. A “caccia” di nuovi territori in cui espandersi e per riprendersi quei contribuenti che hanno lasciato la “Vecchia Lugano” trovando casa nei tranquilli villaggi collinari, Lugano col tempo ha allargato i propri confini: a sud fino a Figino, a nord spingedosi fino alle alture della Val Colla. Restano alcuni vicini irriducibili – Massagno e Paradiso in primis – ma questo è un altro paio di maniche.
C’è voluto tempo per scardinare il sistema e vincere le resistenze, ora però la politica delle aggregazioni è ampiamente condivisa. È vero che il Consiglio di Stato ha corretto il tiro, abbandonando le posizioni iniziali piuttosto ambiziose e imperative a favore di un approccio più morbido e rispettoso delle sensibilità locali. Invece delle scelte calate dall’alto, delle antipatiche «fusioni coatte» (poche per la verità), ha preferito lasciare che fossero le autorità e soprattutto le comunità a decidere il loro futuro. Un atteggiamento che sicuramente ha pagato, anche se alcuni processi hanno richiesto tempi di maturazione più lunghi e altri sono stati realizzati solo parzialmente.
Come si diceva, nelle scorse settimane tre nuovi progetti hanno superato l’esame popolare. Chiamati alle urne, in Leventina i cittadini dei Comuni interessati hanno sostenuto sia l’aggregazione tra Quinto e Prato (con il 69,1% dei voti), sia quella tra Bodio e Giornico (72,1%), premiando quindi il lavoro delle commissioni che hanno saputo formulare progetti fondati e persuasivi. In Malcantone, la proposta di unire Astano, Bedigliora, Curio, Miglieglia e Novaggio è stata accettata con il 73,3% di adesioni, con punte del 90% ad Astano (Comune in gerenza) e a Miglieglia, il cui sindaco Marco Marcozzi ha fatto di questa prospettiva un vero e proprio obiettivo di legislatura.
Insomma, verdetti che non ammettono obiezioni. Del resto, proseguire il cammino in solitaria sarebbe stata una soluzione al limite del suicidio per realtà troppo piccole e deboli rispetto ai compiti e alle sfide che spettano alle amministrazioni locali in termini di gestione delle risorse, cura del territorio ed erogazione di servizi. Se è vero che la somma di Comuni fragili non equivale a uno forte, le esperienze maturate nell’ultimo ventennio dimostrano però che l’unione delle forze si traduce spesso in efficienza nello svolgimento di compiti istituzionali e sul piano della progettualità. Si assiste insomma a una ritrovata azione politica locale, figlia di una maggiore disponibilità di risorse finanziarie e umane ma anche dello slancio dato dall’opportunità di cominciare una nuova avventura.