Aprile 2025 – Editoriale

L’editoriale

Sulle spalle dei cantoni

 

Rien ne va plus tra Ticino e Confederazione? Che i rapporti tra Bellinzona e Berna abbiano vissuto tempi migliori è un dato di fatto. Da qualche anno le difficoltà finanziarie, l’obbligo di risparmi in tutti i dipartimenti, tranne che in quello della difesa, con l’obiettivo di risanare i conti dal 2027, stanno spingendo la Confederazione a cercare nuove entrate e frenare le uscite. Per dare un’idea delle somme in gioco si parla di 2,7 miliardi di franchi per il 2027 e 3,6 miliardi per il 2028. E apparentemente, agli occhi del cittadino, l’esercizio più facile è far ricadere sui cantoni certe spese e chiudere il borsello a fronte di richieste d’aiuto straordinarie. L’alluvione che ha colpito la Vallemaggia e le valli laterali la scorsa estate ha contribuito non poco ad incrinare i rapporti tra il Canton Ticino e la Berna federale. Sotto il cupolone le richieste di aiuti straordinari hanno trovato un muro. Non un centesimo in più di quanto prevedono i contributi ordinari e aggiuntivi in tali situazioni. Per il resto che il Cantone si arrangi. Il mancato sostegno alla Vallemaggia non è altro che il più evidente sgarbo che Berna ha fatto a Bellinzona. Ma non è l’unico. Altri contenziosi sono aperti: si pensi alla chiusura degli uffici postali, all’annosa questione della perequazione finanziaria intercantonale senza dimenticare il salasso settembrino dei premi di cassa malati sui quali può intervenire solo lo Stato centrale. Anche sulle infrastrutture il Ticino si sente più lontano da Berna, tanto che ha cominciato a guardare a sud, a Milano, a Torino e fino a Roma, per cercare alleanze sul completamento di Alptransit. Tra Biasca e Camorino e poi oltre il ponte-diga di Melide, la linea ferroviaria è infatti rimasta praticamente quella di fine ’800 che oramai mal si concilia con le esigenze di trasporto merci-persone sempre più veloci. Un imbuto, una strettoia sull’asse del San Gottardo e sul corridoio Mare del Nord-Mediterraneo, che la Confederazione non ha in programma a breve e medio termine di eliminare. «Bisogna armarsi di molta pazienza, − ha recentemente affermato al CdT Roberta Cattaneo, direttrice regionale delle FFS − ci vorranno 30 anni». Questione di soldi, evidentemente e anche di priorità per le Ferrovie svizzere. Ecco, quindi, che Ticino, Lombardia, Piemonte e Liguria firmano un’alleanza di intenti e tre risoluzioni da inviare a Berna, Roma e Bruxelles per far pressione sulla Confederazione affinché ponga il completamento di Alptransit fra le priorità della politica ferroviaria. Il cahier de doléance è così lungo che potrebbe essere visto come la solita lista di lamentele più o meno giustificate. Sta alla Deputazione ticinese a Berna convincere che il Ticino non è Zugo o Zurigo. Beninteso, il Ticino non è solo nella “lotta” contro i risparmi della Confederazione. La recente Conferenza dei governi cantonali ha bocciato senza troppi giri di parole il pacchetto di misure di risparmio, invitando Berna a ridiscuterlo prima di procedere ai tagli. Del resto, gli stessi cantoni stanno affrontando a loro volta importanti sfide di politica finanziaria: nella sanità, ad esempio, nell’assistenza, ma anche nella formazione. Su quest’ultimo punto basti pensare alle tasse universitarie per gli studenti europei che nell’ambito del rinnovo degli accordi bilaterali con l’Unione Europea dovranno essere equiparate a quelle degli studenti svizzeri. Un accordo che potrebbe far perdere agli atenei elvetici 46 milioni di franchi all’anno. Da qui l’importanza per il Ticino di cercare nuove alleanze con altri cantoni che si trovano ad affrontare problemi simili per mandare un segnale di unità alla Confederazione, perché da soli si rischia di non ottenere nulla, se non un sentimento di compassione e di abbandono.